A prendere le cifre che periodicamente lo Studio Nomisma pubblica e diffonde relativamente al mercato dell’arte, almeno in Italia, ci si può fare una chiara idea di come certi entusiasmi riposti nei social media siano francamente null’altro che entusiasmi.
Chi scrive ripone una grande fiducia e credito in (efficaci) scelte di comunicazione, non è quindi con generale sospetto che si affrontano queste righe di riflessione, ma, proprio per questo, ritiene che una riflessione debba essere il più possibile documentata e argomentata.
Non è questa la sede per una indagine approfondita, ma vale la pena cercare di mettere qualche punto fermo.
La parola “mercato dell’arte” soprattutto se ci si riferisce a quello del contemporaneo, può, in un pubblico non specializzato, generare sentimenti ambivalenti che vanno dal sospetto per i suoi attori (artisti in primis, galleristi e mercanti subito a seguire), sfiducia nelle sue regole (la generica “fuffa” che si attribuisce al lavoro di curatori e critici) parallelamente alla “ricerca dell’affare” o quello animato forse da maggiore spirito da vero collezionista della scoperta del talento sconosciuto ai più. Fatta questa breve e sommaria premessa viene da sorridere quando si leggono titoli del genere “il ruolo di Instagram nel mercato dell’arte” pubblicati in Italia e in italiano che fanno poi riferimento ad un mercato, quello di area anglo-americana, e a attori del mercato, come la casa d’aste Phillips una delle più importanti al mondo.
Pierce Brosnan che si fa (fare?) un selfie davanti a un oggetto di design (oggetto di design appunto, non un’opera d’arte) non è molto diverso da Antonio Banderas che da mesi impersona se stesso in veste di fornaio in spot televisivi. Le dinamiche sono le stesse, le motivazioni sono le stesse c’è solo, appunto, la ricerca di arrivare in modo più diretto e efficace possibile al proprio target di riferimento attraverso un mezzo di comunicazione e dei contenuti veicolati.
In un paese, l’Italia, che ancora contempla l’IVA al 22% sulle opere d’arte e un regime fiscale a dir poco svantaggioso sulle donazioni sempre di opere d’arte, affidare un ruolo ad un social network, in questo specifico a Instagram, nel mercato di riferimento non potrebbe essere errore di valutazione più grave.
Se si vuole, giustamente, richiamare l’attenzione sulle opportunità che un Social Network e un’App come Instagram offre (è di questi giorni la comparsa dei primi post sponsorizzati) rispetto al settore merceologico che le è più affine, quello delle fotografie e delle opere d’arte in genere, varrebbe la pena perciò chiedersi come si potrebbe porre al servizio, considerando che, comunque, per quello che riguarda il settore del contemporaneo almeno, le fiere d’arte rimangono lo strumento principale e necessario del mercato, insieme alle piattaforme tipo artsy o art:i:curate, le case d’aste online come Paddle8.
Influenzare il mercato, prima dovrebbe esserci, un mercato, per poterlo influenzare….
Marcella Manni (@metronomblog)